Gabriella Lalìa
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My Story
È impossibile guardare queste immagini senza avvertire l’atteggiamento di abbandono, autentico e euforico, con il quale Adriana Argalìa ha - ogni volta - varcato la soglia del Pergolesi di Jesi o degli altri squisiti spazi teatrali del territorio marchigiano andando incontro alle scoperte che lo spettacolo le avrebbe svelato.
Joseph Campbell, uno dei più grandi studiosi contemporanei di mitologia comparata e religioni, ricorda come le antiche mitologie servivano a depurare i canali della percezione e prepararli “alla meraviglia ad un tempo affascinante e terribile di noi stessi e dell’universo”. Si comprende allora perché le Muse nascano come “canali di passione”: la recitazione, il canto, la danza, le forme d’arte comunicano emozioni che alimentano nell’uomo la capacità di sentire e interagire con il mondo, spaziare oltre i ristretti confini della ragione.
Dalla notte dei tempi questo è il teatro: mettere in scena l’uomo, le ombre che emana e come spettatori attivi confrontarci con esse, dare loro un nome riappropriandoci così dei chiaroscuri del nostro essere.
Per questo l’incontro tra la visione fotografica di Adriana Argalìa e il Teatro è stato fulminante: attraverso la sensibilità del suo occhio, naturalmente predisposto a captare i mutevoli paesaggi interiori, vengono colti e resi riconoscibili aspetti della rappresentazione teatrale altrimenti indistinti. Adriana Argalìa è uno spettatore che sembra travolto da un sentire quasi fisico, capace di indurre lo scatto prima che la volontà possa manifestarsi.
Una sinergia emozionale ed artistica alla quale - a nostra volta ‘spettatori’ del suo saper vedere - aprirci con riconoscenza per gli attimi di abbagliante intensità che ha catturato.
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